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Settembre 2023

La produzione di un’azienda come il pilota in gara: con lui c’è una squadra

Intervista a Nicola Guidolin

Operation Manager IFP Europe

Nicola Guidolin, responsabile della produzione, una laurea in ingegneria dei materiali e quattro parole chiave ben evidenziate nel suo block notes: organizzazione, ottimizzazione, risultati e umanità.

Ingegnere, il direttore di produzione ce lo immaginiamo sempre in produzione. È proprio così?
Non può essere diversamente. In un’azienda: si crea, si produce, si risolvono problemi. Il 99% del mio tempo in azienda la passo in produzione, tra gli operai. È qui che nasce tutto, è qui che i più disparati talenti devono essere combinati per ottenere l’azione sinergica che ottimizza il processo. Ed è qui che, se si vuole parlare di produzione, si deve stare.
Sono arrivato alla IFP Europe da qualche mese. Attualmente mi sto occupando della pianificazione, calcolare i tempi, gestire gli imprevisti è il focus che non bisogna mai perdere di vista. L’obiettivo è “invertire” i numeri, le percentuali.

Che cosa significa invertire le percentuali?
In generale, e non nello specifico, l’operation manager in un’azienda inizialmente si trova per 80% dell’attività a gestire e a risolvere problemi, il 10% a gestire l’organizzazione e nel restante 10% si dedica al miglioramento. A mano a mano che si costituisce una squadra efficiente le cifre si capovolgono ed organizzazione e miglioramento prendono il posto dell’80% dei problemi.

Per entrare a regime? Si entra a regime quando si accetta che un regime non esiste. Mi piace applicare il prezioso concetto di “società fluida” elaborato da Zygmunt Bauman anche ai principi che dovrebbero essere solidi e rigidi in un’azienda: gli obbiettivi.
Mi piace pensare che un obbiettivo è labile se non è dinamico e, non appena si raggiunge, l’asticella deve essere alzata, e la spinta deve essere usata per andare più in alto di prima. Non si ottengono risultati se non interagisci con i colleghi con approcci “personalizzati”. Ognuno al proprio carattere e il proprio modus operandi e il mio ruolo richiede anche un pizzico di psicologia, l’umanità, il rispetto per le persone è fondamentale, ti porta lontano. La professionalità dei propri collaboratori deve essere valorizzata.

Cosa fa un operation manager?
Il manager si costruisce nell’azienda in cui lavora. Io mi vedo come il catalizzatore che facilita l’accadere degli eventi, organizzatore dei reparti, processi, semilavorati. L’operation manager, osserva i dettagli semplici: l’ordine nella postazione di lavoro, la valutazione di un metodo di lavoro. L’ordine apparente, mentale quello che viviamo tutti i giorni nella nostra vita è quello che io cerco di trasferire ai dipendenti. I “compiti” in una scrivania ordinata si fanno meglio, si è più composti e questo ricade positivamente nel risultato, si tratta di una serie di elementi che portano al miglioramento.

La qualità e quantità riescono a “convivere”?
Durante la specializzazione ho fatto esperienze lavorative importanti in grossi gruppi in particolare nell’ambito della qualità, cose che non impari all’università, ma dietro l’approccio della qualità c’è un mondo. Organizzare la parte produttiva, tecnico operativa, pianificare il numero di impianti che devono essere prodotti: quantità e qualità, una non può escludere l’altra. Tutti gli organismi accessori alla produzione e che danno supporto: acquisti, ordini back office.

La produzione come un pilota in gara. La squadra quanto conta?
Tanto. Tutto. Come ho già detto, i reparti ausiliari alla produzione sono importanti, crescono con l’azienda ed è in questa fase che la piramide deve stratificarsi e questo rientra nell’ruolo dell’operation manager che ha il compito di generare quell’ordine che serve per ottimizzare i tempi, raggiungere il massimo del rendimento.
Nello sport quello che si vede in gara è frutto dell’allenamento.
Mi piace usare la metafora di una gara automobilistica, dove ciò che si vede è il pilota e la macchina, ma tutto quello che c’è dietro e non si vede vale tantissimo. La squadra, il box, i meccanici, gli sponsor, la fidanzata che guarda lo schermo con gli occhi che luccicano. La produzione è la macchina che corre in pista, quello che ruota intorno alla produzione va valorizzato perché la farà andare più veloce e più lontano.
L’azienda la vedo come una grande famiglia nel senso pratico, tutti devono collaborare nello stesso spazio, magari si bisticcia per le piccole cose, ma con un obiettivo comune e costruttivo: l’Azienda deve crescere, se  ciò avviene è grazie a tutti, se manca un anello ne risentono tutti.

Tra il progetto e la consegna della macchina al cliente c’è naturalmente la fase della costruzione. Qual è il primo obiettivo?
Gli obiettivi sono due. Le macchine vanno pensate, progettate ed è la produzione che deve rispondere, bisogna costruirle bene e velocemente. E qui anche le espressioni linguistiche assumono un’importanza.
Spesso diciamo: “Ho un problema, sono in ritardo con gli ordini” avere questo problema è una fortuna enorme e bisogna cavalcarla e alimentarla. Il ritardo va trasformato in planning ed il cliente deve essere sempre soddisfatto. L’operation manager deve dare sprint, accelerare il processo di produzione, abbattere i tempi morti, evitare dispersione di energie.
La qualità è quello che il cliente paga. L’urgenza fa parte della qualità. Dobbiamo avere sempre la valigia pronta e chiusa. Se mi è richiesto quatto io mi organizzo per cinque. IFP Europe ha questo potenziale, “sempre uno avanti.”